Cooperazione e comunità
Fare cooperazione sociale di comunità
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Le cooperative sociali hanno un’anima comunitaria, che devono coltivare, mantenere, sviluppare, assieme alla dimensione associativa e a quella imprenditiva, in quanto riserva di senso senza la quale sono possibili depotenziamenti e gravi distorsioni della mission solidale (v. vicenda Mafia capitale)
Sotto l’egida della autogestione, che affonda le radici nella comunità interna, è possibile in tal modo coniugare partecipazione democratica, efficienza imprenditiva con l’efficacia nell’azione realizzata.
Per isomorfismo virtuoso il mutuo appoggio, la relazione solidale, comunitaria interna alle cooperative sociali può riflettersi nelle relazioni di aiuto attuate con le persone in difficoltà, nella tessitura di reti solidali e di prossimità esterne.
Altrettanto dicasi nella costruzione di network collaboranti, non competitivi, con le altre organizzazioni del no profit, le pubbliche amministrazioni e istituzioni preposte, le imprese profit più socialmente responsabili (co-programmazione-coprogettazione-cogestione).
Significa fare comunità in un territorio (sia esso un Distretto o una Unione di Comuni) assieme agli attori importanti per l’inclusione di persone fragili e vulnerabili, generando sviluppo eco-compatibile e opportunità di impiego anche per i meno occupabili, ad es. nella gestione dei beni comuni.
Auspicabilmente si possono costituire cooperative di comunità, per la regione Emilia Romagna di natura sociale, che potrebbero integrare come membri sia persone fisiche che enti rilevanti sui territori di insediamento.
In questo caso è la comunità esterna ad ogni impresa sociale che definisce le caratteristiche specifiche e l’oggetto sul quale impegnarsi, per il quale trovare le sinergie più adeguate e promettenti.
Dalla comunità interna in una cooperativa alla comunità esterna che si fa cooperativa sociale di comunità! Il cerchio si chiude in modo virtuoso, secondo reciprocità ed economia solidale, circolare.