Libro della Divina Dottrina
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"Il libro della divina dottrina” o “Dialogo della divina provvidenza" che Caterina, analfabeta, dettava ai suoi scrivani, sono uno dei migliori esempi della prosa italiana del Trecento e, insieme, costituisce la sintesi del suo pensiero e il testo base della sua laurea a "Dottore della Chiesa". Lo straordinario è che Caterina dettava soltanto quando, in forza del rapimento, i sui sensi sembravano come morti. Durante il tempo dell'estasi, i suoi occhi non vedevano, i suoi orecchi non udivano, le sue narici non sentivano l'odore, né il gusto il sapore, ed il suo tatto non percepiva nessun oggetto. Nell'intenzione di Caterina, il Libro è come il suo testamento spirituale. Sono pagine di fuoco, che riflettono su tutte le gerarchie e classi sociali dei suoi tempi: di tutti i tempi. Caterina affonda con coraggio il “mistico coltello” della verità di Dio nel corpo dolente della società cristiana, per tagliarne le fibre infette, le ulcere mortali, i germi di un male che minacciava di distruggere l'opera del Salvatore. Ma quanto spasimo, quanta pietà, e insieme quanta tenerezza per il povero paziente!
Caterina da Siena è un caso unico nella storia della Chiesa: di origini popolane; del tutto priva di istruzione, al punto di non saper né leggere né scrivere, fu però in grado di svolgere un'azione incisiva fino alle più alte autorità della politica e delle istituzioni civili ed ecclesiastiche di allora, al fine di riportare la concordia e la pace fra i popoli. Caterina inoltre non era certo favorita dal suo stato femminile, in un'epoca dove le donne non erano per nulla considerate (solo sei secoli dopo sarebbe comparsa la parola "femminismo"). Eppure questa giovane di così modeste condizioni raggiunse, nei brevi trentatre anni di vita terrena che le furono concessi, vertici che ancora oggi ci sorprendono: toccò le vette della perfezione spirituale, fu chiamata maestra da un numero considerevole di discepoli fra cui si trovano illustri teologi, docenti universitari, nobili di elevata cultura. Fu ricevuta ed ascoltata da Papi, Cardinali, sovrani e capi di stato dell'intera Europa. Riuscì ad ottenere il trasferimento della sede papale in Roma, dopo settant'anni di esilio ad Avignone. È un fatto "miracoloso" che una donna, di origini plebee, potesse nel lontano secolo XIV intrattenere una corrispondenza politica con i potentati del tempo, ai quali si rivolgeva con tono di fermo comando, pur senza nulla perdere della sua abituale umiltà: la sua eloquenza era visibilmente dettata da quell'Amore che rende accettabili perfino le più concitate invettive.
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