Siamo (o saremo) tutti cyborg? C'è già più scienza che fantascienza in questa domanda. Perché ormai la tecnocultura rimodella le coscienze, i corpi e la realtà stessa: manipola il DNA, produce comportamenti farmacologicamente indotti, impone la modella ginoide, esalta l'industria del culto fisico e della chirurgia plastica, fa pratica con l'eugenetica e la clonazione… Le tecnologie destinate a migliorare il corpo, o a fermarne il deterioramento, ci possono rendere in un futuro molto prossimo organismi cibernetici convinti di poter padroneggiare l'evoluzione e superare la nostra condizione mortale. Ma l'orizzonte postumano che si va delineando è solo l'ennesimo tentativo di creare un dio, non padre ma figlio delle nostre menti e della nostra tecnologia. Qui la posta in gioco siamo noi stessi, la nostra umanità, il nostro corpo. L'umanesimo di Yehya, né tecnofilo né tecnofobo, ci invita a osservare con allarmata attenzione questa liaison dangereuse tra corpo e tecnologia nel contesto del vorace pancapitalismo che segna la nostra epoca.