Il prete, i venditori ambulanti, qualche emigrato nelle città che tornava per le vacanze erano gli unici canali attraverso cui la nuova lingua arrivava a noi bambini dei piccoli paesi di campagna.
Insieme alla radio che, in quel periodo, ogni famiglia aveva provveduto ad inserire tra i pochi arredi delle cucine.
Era stato tutto uno squarciare di pareti (far dei buchi nei muri a sasso delle case vecchie implicava provocare voragini…) per infilarci delle mensole su cui poggiare la radio, anzi: l’ “aradio”, sostantivo maschile che iniziava per vocale.
Così, l’”aradio” andava a fare compagnia all’asse attaccata sopra al lavandino a cui erano appesi i secchi dell’acqua potabile, alla stufa dal piano con i cerchi di ghisa (la cucina economica smaltata di bianco, con quella scritta illeggibile in tedesco che era la marca), alla panca di legno.