«Thomas De Quincey fu, sin dalla giovinezza, uno dei più portentosi oppiomani, essendo arrivato a prendere persino 8.000 gocce di laudano al giorno; una abitudine che lo avrebbe ridotto sulla soglia della demenza e della miseria se non fosse intervenuta la famiglia a salvarlo… e che lasciò poi sempre in lui depositi di strane fermentosità spirituali e di sogni e di ricordi e di malinconie e che anche - diciamolo a onore dell’oppio - determinò la feconda potenza visionaria da cui sgorgarono le sue pagine più gagliardamente radiose». (Carlo Linati)