Chi ha diritto di parola in una società come quella occidentale, dove maschilismo, bianchezza ed eterosessualità risultano essere la norma? Ripercorrendo le riflessioni di figure storiche del femminismo come Simone de Beauvoir, Lélia Gonzalez, Angela Davis e diverse pensatrici contemporanee, Djamila Ribeiro fa emergere la posizione critica della donna nera: lei è l’altro dell’altro, ai margini del dibattito sul razzismo centrato sull’uomo nero e ai margini del dibattito di genere centrato sulla donna bianca.
Riflettere sul femminismo nero non crea scissioni ma, anzi, serve a “interrompere la scissione che si è creata in una società disuguale”. E, ragionando su come le oppressioni di razza, genere e classe si intersecano, significa “ideare progetti, nuovi traguardi civilizzatori, pensare a un modello differente di società”. In questo contesto si inserisce il concetto di luogo della parola, pensato come un rifiuto della storiografia tradizionale e della gerarchizzazione dei saperi, risultante dalla gerarchia sociale. Perché parlare non vuol dire soltanto emettere delle parole, ma significa poter esistere.