Cabala bianca
Om bogen
Letteratura - romanzo (367 pagine) - Una narrazione vivace ed emozionante cerca di tenere testa alle stravaganze del protagonista, sospeso tra realtà e immaginazione dalla prima pagina all’ultima. “Giunsi alla conclusione che la vita sognata stancava quanto quella vissuta”.
Una trama sfuggente costringe il lettore ad arrendersi (e di conseguenza ad abbandonarsi) di fronte all’impossibilità di discernere tra verità e proiezione fantastica. Sembra che i personaggi di carta si trasformino in autori di storie da favoleggiare con anarchica bramosia a un pubblico assetato di suggestioni più che di avvenimenti. Il piacere di raccontare mescolato con quello di ascoltare. E così il plot, uscito dalla porta (di servizio) per pindareggiare qua e là senza meta, finisce per rientrare dalla finestra pirandellianamente trasfigurato. La percezione del reale sfuma nei dettagli più intimi dell’anima, vivisezionando le asperità dello spirito umano con tragica ironia. Cabala bianca (1944) non dimostra i suoi ottant’anni. Nonostante le sue primavere, sembra scritto ieri (anzi domani).
Gian Dàuli, pseudonimo di Giuseppe Nalato (Vicenza, 1884 – Milano, 1945), fu un intellettuale dai numerosi talenti: scrittore, traduttore nonché editore. Il soggiorno di tre anni a Liverpool e i numerosi viaggi per l’Europa diedero un respiro internazionale alla sua scrittura e alle sue iniziative editoriali, meritorie dal punto di vista culturale, ma quasi tutte fallimentari sul lato commerciale. Inviso ai fascisti per la sua fiera indipendenza e lo slancio curioso diretto oltre i confini nazionali, vide censurate dal regime tutte le sue opere, prima di spegnersi nella città meneghina, suo luogo d’elezione, povero e quasi dimenticato, nonostante avesse da poco dato alle stampe Cabala bianca. Oltre a quest’opera, indiscusso capolavoro, pubblicò altri romanzi (tra i quali possiamo ricordare: Rasputin, 1934; Soldati, 1935 e Carri nella notte, 1941), riscritture di fiabe per bambini e alcuni racconti (apparsi in rivista).