Il libro del Tao
Om bogen
Tao-teh-ching
Cura e traduzione di Girolamo Mancuso
«Ľopera più bella e più profonda in lingua cinese», «uno dei più importanti testi di tutta l’antichità»: così è stato definito questo libro, singolare pedaggio che un doganiere avrebbe chiesto a un vecchio saggio che stava per lasciare la Cina per andare verso ovest. Pur essendo considerato, nella sua specificità, “intraducibile”, il Tao-teh-ching è tuttavia il testo cinese antico più tradotto in Occidente, proprio perché ogni traduttore ha considerato insoddisfacente il lavoro dei precedenti. La concisione, l’oscurità e l’ambiguità, che non possono essere conservate in nessuna lingua occidentale, ne costituiscono anche la ricchezza e il fascino permanente.
«Ciò che è spezzato diventerà intero.
Ciò che è curvo diventerà diritto.
Ciò che è vuoto diventerà pieno.
Ciò che è consumato diventerà nuovo.
Chi ha poco otterrà.
Chi ha molto verrà ingannato.»
Lao-Tzu
secondo la tradizione, era un filosofo contemporaneo di Confucio (ma più anziano), nato nel villaggio di Quran. Il suo cognome era Li; il nome Er; l’appellativo Boyang; il nome postumo Dan. Fu storiografo negli archivi reali di Chou. Quando si accinse a lasciare la sua terra, al confine un doganiere gli chiese di scrivere un libro per lui. E Lao-tzu compose un volume in due parti, sul significato della vita e sulla virtù: era Il libro del Tao. Di Lao-tzu non si seppe più nulla.