Insolite tiritere
Om bogen
“Nominativi fritti e mappamondi/ e l'arca di Noè fra due colonne / cantavan tutti chirieleisonne / per l'influenza de’ taglier mal tondi. / La luna mi dicea: -Che’ non rispondi? - / E io risposi: -Io temo di Giansonne / però ch’io odo che ‘l diaquilonne / è buona cosa a fare i capei biondi…/ E vidi le lasagne / andare a Prato a vedere il Sudario / e ciascun portava l'inventario.”
(Giovanni Di Prato, detto il Burchiello, 1404-1449)
Questo sonetto, prendendo un po’ qui e un po’ là, alla rinfusa, senza alcun nesso apparente, tramite allusioni e doppi sensi, anticipa la moderna poetica del non sense di Edward Lear e Lewis Carroll.
La raccolta di Mattia Bentivogli si ispira ad un genere che si ricollega alla poetica dell’assurdo; tramite vocaboli rari come: sprocchi, micragna, ostraco, apotropaico, tuismo, serafo, puntillismo, restiamo colpiti, a tratti, scandalizzati.
Il titolo del libro abbina al sostantivo tiritera, che indica filastrocche e discorsi ripetuti, l’aggettivo insolito, quindi fuori dal comune, originale. Certe parole e neologismi, nel corso dell’opera, assumono valenze inquietanti perché sono lo specchio di un’angoscia esistenziale che pervade la vita: “È un attimo ma in quello strappo / gli occhi ti scopri intramagliati / del tuo intimo intrico intirannito.. / Si’ nelle scogliere sempre s’infitta l’onda ma è la quiete / che scroscia e avvicenda le ultime ragnatele / e in quello squarcio d’ambra s’affusola / il tuo filo più sottile, lo bagni tra le labbra / ma non ci passa per la cruna”.
Il viaggio terreno è pieno di ostacoli, di impedimenti, senza essere sostenuto da una Provvidenza che contribuisce a mostrare la strada. Ben diverso appare il cammino dantesco, illuminato dalla fede e dalla luce della ragione verso la salvezza.
Bentivogli, invece, si aggira tra alte scogliere, ripide balze e paesaggi inospitali che ricordano la natura assolata e abbagliante di Montale, alla ricerca di un varco, intravisto e poi scomparso. Il filo, dice Mattia, purtroppo non passa per la cruna e non permette di rispondere ai quesiti formulati. L’uso dell’enjambement sottolinea la portata semantica di intramaglia, s’infitta, squarcio, sottile. L’intimo intrico si può riferire al mondo interiore di ognuno: aggrovigliato, confuso e contraddittorio. Come riuscire a colmare un’ansia che distrugge? La persona amata soccorre il proprio uomo, donando sollievo e calmando le tempeste del cuore: “Tieni il mio viso / tra le mani. / È un fiume in piena / che argini.”
I versi, (un quinario, un quadrisillabo, un senario e un trisillabo sdrucciolo), meno ermetici di altri, esprimono il desiderio di trascorrere attimi sereni seppure brevi. La metafora fiume in piena si contrappone agli argini che la donna erige per difendere il proprio uomo. Ugualmente la mano affettuosa della figura femminile viene in soccorso in altre situazioni, quando sembra di soccombere di fronte alle bufere che si scatenano intorno.
L’autore, servendosi di un linguaggio espressionista, ci invita a riflettere sul significato dell’esistenza che nella poesia scorge un obiettivo fondamentale.