Je suis Charlie?
Om bogen
Parigi, 7 gennaio 2015. Un commando di tre uomini armati di kalashnikov, inneggianti ad Allah, attacca la sede del giornale satirico francese Charlie Hebdo, reo di aver a più riprese pubblicato vignette caustiche su Maometto. Alla fine dell’azione si conteranno venti morti, tra i quali il direttore Stéphane Charbonnier, detto Charb, diversi collaboratori storici del periodico (Cabu,Tignous, Georges Wolinski, Honoré), tre poliziotti e gli stessi attentatori. Si è trattato del più grave attentato terroristico in Francia dal 1961.Si è trattato anche di un attentato a un diritto, come quello della libertà di espressione, che si riteneva ormai acquisito da tempo. O forse no? Nei giorni successivi, in effetti, la foto che ha ritratto i principalicapi di stato mondiali sfilare per le vie di Parigi in segno di solidarietà, ha fatto storcere il naso a molti, soprattutto a coloro - come molti autori satirici - che da quei governanti sono stati direttamente oindirettamente censurati quando si sono permessi di farne oggetto dei propri strali umoristici. Per certo l’espressione di solidarietà "Je Suis Charlie”, diventata immediatamente virale, è stata fatta propria anche da molti che non potrebbero proprio permetterselo. Quel che è certo è che la storia della satira oggi è ormai ineluttabilmente segnata da un "prima” e un "dopo” Charlie. E che il dibattito attorno alla natura, i limiti e gli scopi della satira è più vivo e drammatico che mai. Alcune delle massime espressioni della satira e del libero pensiero italiani hanno fatto convogliare in questo pamphlet le loro riflessioni sul mestiere di far ridere, sulla libertà di pensiero, sulla censura e sulla libertà: saggi, poesie, ricordi, monologhi, racconti in cui nessuno di loro, tuttavia, ha voluto rinunciare all’aspetto più saliente della propria natura, la capacità e la voglia di far ridere. Il modo migliore per onorare i caduti di Charlie: non trasformarli in martiri.
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Italiensk