L'altro bambino
Om bogen
Questa è la storia di Pearl. La trama non conta. Del resto il mondo tangibile si dissolve davanti ai nostri occhi subito dopo le prime righe, mentre la osserviamo sorseggiare un gin tonic seduta nel bar di un hotel in Florida, con il figlio neonato, Sam, posato nell’incavo del braccio. Sta riflettendo che bere la aiuta. La aiuta a vedere le cose che la circondano più lucidamente e a tener fede al suo proposito di fuga, dal marito violento e dall’isola – luogo di follia e dolore – che la famiglia di lui chiama casa. Ma non andrà lontano: l’isola tornerà a reclamarla minacciando la sua già fragile percezione del reale e spingendola a dubitare della natura stessa del suo bambino. Bianco e nero, bene e male, nascita e morte si mescoleranno in una danza macabra di cui solo le creature innocenti, i bambini e gli animali, conoscono i passi, e di colpo la storia di Pearl non è più solo sua, ma di chiunque conosca il terrore di stare al mondo. Nel 1978, quando L’altro bambino fu dato alle stampe. Joy Williams era un astro nascente: Esquire e Paris Review pubblicavano i suoi racconti e la National Book Foundation candidava State of Grace per il premio alle opere di narrativa. Ciononostante, il New York Times lo stroncò con una feroce recensione firmata da Anatole Broyard, il quale tacciava l’opera di eccessiva ermeticità. Il libro non fu più ristampato. Williams continuò a scrivere ma impiegò una decina di anni a portare a termine il successivo romanzo. Fu Rick Moody, a trent’anni dalla pubblicazione, a riabilitare L’altro bambino agli occhi del pubblico, invitando nella sua prefazione i lettori, ormai avvezzi ai raffinati arabeschi dell’autrice, a riconsiderarlo senza pregiudizi. Oggi l’opera risulta non meno oscura e profetica di quanto doveva essere sembrata allora. Ma forse nelle sue stravaganze il lettore potrà riconoscere la singolarità di un pensiero che aveva semplicemente anticipato i tempi.
Format:
Sprog:
Italiensk