L'anima e la danza
Om bogen
L'opera è costruita come un dialogo platonico e rappresenta tre personaggi: Socrate, Fedro e il dottor Eryximachus, che disquisiscono sul rapporto tra danza e bellezza, danza e poesia, danza e amore, giungendo alla conclusione che la danza conduce alla verità ed è custode della bellezza.
L’âme et la danse fu pubblicato in Francia nel 1923. L’opera – uno dei due dialoghi filosofici dell’autore, l’altro è Eupalino o dell’architettura che pubblicheremo nel gennaio 2023 nella traduzione di Raffaele Contu – è costruita come un dialogo platonico e rappresenta tre personaggi: Socrate, Fedro e il dottor Eryximachus (Erissimaco), che trovandosi riuniti in una “festa incessante”, disquisiscono sul rapporto tra danza e bellezza, danza e poesia, danza e amore.
È cosa nota, avendolo precisato l’editore della prima edizione francese, che l’opera doveva occupare esattamente lo spazio di circa 120.000 caratteri, in base alle esigenze del formato, del carattere tipografico scelto, e dell’impaginazione, margini e decorazioni in alto e in basso nella pagina. Non c’è dubbio che questo limite di spazio abbia influito sulla costruzione del connubio mirabile messo in opera dall’autore tra significato e musicalità della parola.
“La vita è una donna che danza” dice Socrate, che in questo dialogo impersona la poesia, e questo connubio tra femminilità e ballo e il suo significato ineffabile, crea la musica per il continuo mutamento vitale del corpo. In questo lavoro, Valery riflette l’influenza benefica, salutare e inebriante che la pratica della danza risveglia nell’anima dell’osservatore. Non sono trascurabili in quest’ottica gli “incontri” artistici e filosofici che l’autore andava consumando in quel periodo: da un punto di vista pittorico certamente Degas e filosoficamente non può non colpire che Valery leggeva da vent’anni, quando scrisse L’âme et la danse, le traduzioni di testi di Nietzsche che Henri Albert Haug pubblicava sul “Mercure de France”. E su queste letture Valery rifletteva scrivendo note e lettere. Dobbiamo a Barbara Scapolo l’interessante edizione italiana di queste Lettres et notes sur Nietzsche, pubblicate in Francia nel 1974. La celebre frase di Nietzsche, diventata patrimonio universale anche per chi non ha mai letto il filosofo tedesco – «Bisogna avere un caos dentro di sè, per generare una stella danzante» – viene decostruita da Valery che prima “riordina” il caos tramite il linguaggio dialogante, che racchiudeva il caos dentro di sé, e da questo nuovo “ordine” filosofico scaturisce la danza. Valery conosceva e studiava anche Bergson e pare quasi che tenga presente alcuni parametri bergsoniani in questo suo lavoro, rimuovendo attivamente ogni idea preconcetta che si frapponga tra lo spirito dei tre personaggi che discutono e l’oggetto della loro osservazione.
Lo scopo della danza coincide con la danza stessa, non è possibile operare alcuna distinzione; sperimenta quindi in sé l’Assoluto e la sua realtà, diviene “paradigma universo”. Danzare significa fusione delle dimensioni fisica, psichica e spirituale, espressione di una realtà unica, divenendo così un simbolo, l’espressione coerente di tutti gli elementi della persona. Per Valéry la danza è estatica, si muove nel presente quotidiano ed è di volta in volta capace di “rendere presente l’eterno”.