Le novelle della Pescara
Om bogen
Letteratura - racconti (174 pagine) - Un d’Annunzio che non ti aspetti in queste novelle in cui il sapore verista resta solo in sottofondo per lasciare trasparire una sensualità stilistica che riesce a pervadere ogni anfratto della pagina, insinuandosi nella rappresentazione della natura e, soprattutto, dominando le descrizioni dei personaggi, mai come in questa raccolta fulminanti e magistrali.
Si presenta una selezione di sei racconti tratti dalla raccolta in più volumi Le novelle della Pescara (1902) in cui emergono le diverse nature di un’opera capace di stupire il lettore moderno per l’intensità delle vicende narrate e, soprattutto, per lo straordinario stile, così distante dallo stereotipo attribuito all’autore. Nessuno si aspetti l’elocuzione altisonante del d’Annunzio arringatore di folle né la prosa decadente dei romanzi e nemmeno le dotte raffinatezze di certi componimenti poetici e opere teatrali. È un Gabriele per sottrazione, quello che incontriamo in queste pagine dense di echi ancestrali e di richiami mistici, uno scrittore lontanissimo dalle stanze del conturbante Vittoriale affollato di oggetti preziosi quanto stucchevolmente superflui. È un Gabriele sulle cui scarpe aleggia ancora una vaga traccia delle camminate per le vie del suo Abruzzo, fotografato magnificamente senza alcuna affettazione o ruzzolone bozzettistico di sorta. Da quelle terre d’Annunzio si era allontanato ormai fisicamente e psicologicamente, ma i racconti trasudano l’inconfondibile autenticità che solo le rappresentazioni “di casa” sanno sprigionare.
Gabriele d’Annunzio (Pescara, 1863 – Gardone Riviera, 1938) cercò di fare della propria esistenza un capolavoro inimitabile e, se sul sostantivo più di una persona potrebbe avanzare seri dubbi, sull’aggettivo c’è poco da questionare: difficilmente nascerà un altro Vate (e qualcuno aggiungerebbe “per fortuna”… altri, invece, esclamerebbero “purtroppo”). Oltre che letterato di fama mondiale (autore di celeberrime opere in versi, in prosa e per il teatro), fu uomo politico, giornalista, sfacciato seduttore seriale di donne e di folle, militare pluridecorato per le proprie imprese eroiche (si pensi ai voli su Trieste e Vienna e alla beffa di Buccari), sfrenato collezionista di opere d’arte, fondatore di uno stato (a Fiume, durante i 16 mesi di occupazione, tentò con tutte le proprie forze di dare forma concreta alla l’utopia dell’artecrazia), instancabile inventore di parole e di slogan e così via. Inviso a molti per la sua contaminazione con il fascismo (in verità molto più ambigua di quanto ci si potrebbe aspettare… Mussolini temeva d’Annunzio, che, dal canto suo, fece l’errore di sottovalutare il Duce), resta nonostante tutto una delle figure intellettuali più interessanti dei primi decenni del Novecento.