Se penso a Delirio Tropicale di Floriano Rubiano Fila, la mente corre all’immagine dell’oceano sconfinato. Non l’oceano dell’esploratore, che ricerca nuove terre, ma l’oceano che si muove dentro il poeta, che egli attraversa a piene mani, sventolando ancora una volta la [sua] bandiera da plebeo. Una bandiera che custodisce ferite e cicatrici, ma anche la nostalgia di un altrove dove, forse, il dolore della vita può trovare riposo.
Le poesie di Floriano, nate dall’ultimo dei suoi numerosi viaggi in Nicaragua, sono sospese tra il delirio e la lucida contemplazione. C’è una tensione continua tra il desiderio di abbracciare la vita con tutte le sue sfumature e l’inesorabile consapevolezza della morte, del tempo che passa.