Pompeo e Crasso
La guerra sociale e le guerre civili
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L’espansione di Roma, che l’aveva portata a conquistare il mondo, ebbe pesanti ripercussioni sulla tenuta interna della repubblica. Gli squilibri sociali e le condizioni dei popoli conquistati, spesso alla mercé dell’avidità dei governatori, necessitavano soluzioni. L’iterata negazione della cittadinanza romana agli italici, alleati storici di Roma, portò al bellum sociale, ossia la guerra contro gli alleati. In Oriente Mitridate, re del Ponto, riprendeva a minacciare: il comando della guerra, prima attribuito poi sottratto a Silla, fu all’origine della marcia di quest’ultimo su Roma. Si susseguirono vorticosamente numerose vicende: la dittatura di Silla, la guerra degli schiavi condotti dal Spartaco, mentre all’orizzonte si profilavano i signori della guerra, uomini politici che maturavano la loro credibilità sui campi di battaglia e facevano pesare i propri successi militari, insieme alla forza minacciosa dei loro eserciti, negli equilibri di potere interni alla res publica. Tra loro, Pompeo, Crasso e Cesare, autori di un patto privato (il trumvirato) per spartirsi lo “Stato”. Con la morte di Crasso nella guerra contro i Parti e il trionfo di Cesare per la conquista della Gallia, il patto era ormai spezzato: Roma era in mano al solo Pompeo, e a Cesare non rimase che riprendersi la scena con la forza. Il bellum horribile, ossia la guerra civile tra Cesare e Pompeo, si concluse con la sconfitta del generale d’Oriente nella piana di Farsalo. Cesare era, ora, l’unico padrone di Roma.