«Da ragazzo, da adolescente, da giovane, da uomo, lessi i versi di Dante: mi rimasero addosso come il caldo del cappotto d'inverno.» Così Mario Tobino descrive il suo rapporto con Dante: un filo rosso che attraversa la sua vita e ne scandisce le stagioni al ritmo potente dell'endecasillabo. Un rapporto fatto di letture solitarie e condivise, di recitazioni agli amici in osteria e ai pazienti del manicomio di Maggiano.
Biondo era e bello, il più fortunato tra i libri di Tobino, è una biografia personalissima dell'Alighieri. Un libro ispirato da devozione poetica e intima familiarità, poiché l'arte di Mario Tobino affonda le radici in quella stessa Toscana rissosa e gentile, vivace e virulenta le cui linfe nutrirono la poesia dantesca. È la storia di una «vita sacra», come la definì l'autore stesso, per la sacralità dei versi scaturiti dal destino di quell'esistenza, ma non solo. La vita di Dante appare infatti «sacra» a Tobino per la compattezza e la pienezza umane di quelle esperienze che la Commedia era destinata a coronare: le dissipazioni amorose, i fervori di un battagliero sogno politico, i dolori e le amarezze dell'esilio. E intorno alla narrazione principale, come in un grandioso affresco, tutte le figure minime e massime che già Dante convocò davanti al tribunale del suo poema.