Fino a che punto?
Il traffico internazionale di giovani atleti
Tietoa kirjasta
L’atleta come merce da comprare o vendere per realizzare una “plusvalenza” e l’atleta come macchina, dalla quale ci si aspetta il massimo rendimento. È in queste due metafore che affonda le radici il football trafficking, definizione che comprende i casi sia di tratta che di traffico di esseri umani nel calcio e in molti altri sport e che riguarda migliaia di giovani originari di regioni povere. La narrativa che va per la maggiore attribuisce le colpe a sedicenti agenti e intermediari, i quali sfruttano l’ingenuità di giovani che nello sport intravvedono la loro unica possibilità di realizzazione. La realtà è però ben più complessa, con responsabilità condivise da tutti gli attori del sistema: club, mezzi d’informazione, federazioni e istituzioni politiche nazionali e internazionali e, talvolta, le famiglie stesse dei ragazzi coinvolti.
“È il circuito del muscle drain, la depredazione delle abilità fisico-atletiche effettuata dai sistemi sportivi del Nord del mondo con lo scopo di tenere alto il grado di competitività nell’arena internazionale”. (Pippo Russo)
“I soldi che girano sono tantissimi, soprattutto nel mondo dorato del calcio, ma restano sempre nelle mani del più forte”. (Riccardo Noury)