Il candeliere a sette fiamme
Tietoa kirjasta
"Il candeliere a sette fiamme" è un romanzo poliziesco del 1936 dello scrittore italiano Augusto De Angelis, settimo della serie dedicata alle indagini del commissario De Vincenzi della squadra mobile di Milano.
La scena che si presenta al commissario De Vincenzi è orribile. Passi per lo squallore di quell'albergo malfamato, passi la stanza d'infimo ordine, ma quel cadavere era orribile. In pigiama da notte, coi piedi nudi all’aria, aveva il ventre aperto da un fianco all’altro. E tutt’attorno il sangue aveva formato un lago che cominciava a coagularsi e ad annerirsi.
La vittima era un tedesco, appena arrivato direttamente dalla stazione. Più o meno nello stesso tempo era arrivata anche una donna, racconta il portiere dell'albergo, non una delle solite clienti. Viene subito rintracciata nella sua stanza, ma ha perso i sensi a causa di un grosso batuffolo di cotone impregnato di cloroformio che le chiude le vie respiratorie.
Il caso assume toni ancora più strani quando l'autopsia accerta che il morto è stato ucciso con un colpo di pistola alla nuca, e che lo squarcio della pancia da un lato all'altro è stato effettuato non per ucciderlo, ma per un qualche altro scopo dopo la morte.
Augusto De Angelis (Roma 1888 – Bellagio 1944) è stato uno scrittore e giornalista italiano. Scrisse poco meno di una ventina di romanzi polizieschi, nella maggior parte dei quali è protagonista il commissario De Vincenzi, capo della squadra mobile di Milano, un personaggio arguto ma molto umano, creando una sorta di Maigret italiano ante litteram.
Nonostante il buon successo dei suoi romanzi, tuttavia, De Angelis non poté goderne a lungo: la censura del regime fascista infatti impose il sequestro del romanzi noir nonché la chiusura dei gialli Mondadori, perché, per motivi propagandistici e di ordine pubblico, tendeva a far scomparire il crimine dalle cronache e dalla letteratura. Fu arrestato con l'accusa di antifascismo ed uscito di prigione nel 1944 ebbe la sfortuna d'incontrarsi con un "repubblichino" che lo aggredì con pugni e calci, tanto da causarne la morte.
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