Il buco del picchio
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Il buco del picchio. Nella proprietà di Leo Delfos, un vecchio frassino viene sradicato dal vento e finisce sulla strada vicinale, diventando un ostacolo alla circolazione. Bisogna spostarlo, ripulire l’asfalto dai rami spogli di quell’albero che, all’ex commissario dell’Anticrimine parigina tornato a Giaveno per godersi la pensione, sembra star lì da sempre. Di sicuro c’è già nei suoi primissimi ricordi di bambino. Sembra un fatto di ordinaria amministrazione per chi vive in campagna. E invece no. Perché, mentre con l’amico Carlo tagliano il tronco dell’albero, da un nido di picchio nascosto rotola fuori una perfetta pallina di terra che subito innesca la curiosità di Leo. Improvviso e inaspettato, quello strano oggetto si rivela capace di ridestare dolori mai sopiti, per decenni confinati in un angolo inaccessibile della mente. Aprire quel nido di picchio costringerà Leo a infilarsi sotto la coltre polverosa di un passato che risale alla seconda guerra mondiale, a navigare in un mare di antichi amori e squallidi egoismi, esplosioni di vita e sordidi sentimenti, paure e avide rassicurazioni. Un passato (e un presente) di morte, che lo porterà a scavare tra i simbolismi di un Medioevo tramontato, ma ancora incredibilmente attuale.
«Leo scese ancora con la mano. Sul fondo del nido c’era uno strato di residui vegetali e altro materiale che il tempo aveva trasformato in un ammasso informe di colore bruno. La consistenza era polverosa, quasi impalpabile, ma nella parte sinistra della camera qualcosa attirò la sua attenzione. Era un piccolo rigonfiamento del colore della terra secca che spuntava dal sedimento. «Eee, e quella che roba è?» domandò Carlo, e raccolse un rametto che avvicinò al rigonfiamento. Fu sufficiente un tocco per liberare dal sedimento una pallina del diametro di tre o quattro centimetri, che rotolò sull’erba. Leo si chinò e la raccolse. Era una sferetta quasi perfetta di terra secca che lasciava le dita macchiate di una polvere giallastra e inconsistente. Forse era stato il legnetto a spingerla o forse no, ma a Leo sembrò che quella pallina avesse atteso da sempre di venir liberata dalla sua gabbia di legno, per trovare finalmente qualcuno cui potesse interessare. Si chinò e, mentre la raccoglieva, provò la strana sensazione di chi, senza volerlo, viene a contatto con qualcosa che non potrà più ignorare.»
Dopo Peccato di gola e Il Talpa (vincitore del IX premio letterario «Città di Sarzana »), un nuovo episodio della saga di Leo Delfos. Un noir dalla scrittura magistrale, classica. Una preziosa, inquietante gemma narrativa.