Dialogo sopra la nobiltà
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Giuseppe Parini è stato uno dei maggiori poeti e letterati italiani del XVIII° secolo. Membro dell’Accademia dell’Arcadia e di quella dei Trasformati, protagonista della scena culturale lombarda, autore di opere poetiche e teatrali, dialoghi e saggi critici e filosofici, fu uno dei massimi esponenti dell’Illuminismo e del Neoclassicismo.
Il Dialogo sopra la nobiltà venne scritto da Parini a Milano nel 1757, quando ancora il poeta risiedeva nell’aristocratico Palazzo Serbelloni. Ricorrendo ad un’arguta e forbita satira ed adottando il consolidato modello maieutico del dialogo, l’Autore fa trasparire da quest’opera tutta la sua vicinanza agli ideali egualitari dell’Illuminismo, immaginando che un aristocratico ed un poeta, da poco passati a miglior vita, si trovino casualmente collocati nello stesso sepolcro. Ma un sepolcro per due, si sa, al pari di una poltrona, può rivelarsi assai stretto, soprattutto quando i suoi occupanti appartengono ad un diverso ceto sociale ed hanno una diversa visione delle cose e del mondo.
Inutile sottolineare quanto l’Autore si immedesimi nel “poeta”, cogliendo l’occasione per intavolare un acceso dibattito sull’uguaglianza degli esseri umani di fronte a Dio e alla Legge e sull’obsolescenza dei privilegi di una classe aristocratica che, nel Secolo dei Lumi, si stava ormai avviando verso una fisiologica decadenza.
Al di là dei toni ironici, e a tratti anche divertenti, dello scontro verbale tra i due protagonisti del dialogo, dobbiamo tenere presente che Parini scrisse quest’opera per presentarla ai colleghi dell’Accademia dei Trasformati, a quel tempo non una semplice istituzione letteraria, ma anche un vero e proprio laboratorio di idee innovative, molto probabilmente con l’intenzione di sollevare un dibattito su un nuovo ruolo e su una diversa responsabilità civile che avrebbe dovuto assumere l’aristocrazia nel contesto delle grandi trasformazioni sociali auspicate dall’Illuminismo.