"L'uomo che prima, poeta, deificava i suoi sentimenti e li adorava, buttati via i sentimenti, ingombro non solo inutile ma anche dannoso, e divenuto saggio e industre, s'è messo a fabbricar di ferro, d'acciajo le sue nuove divinità ed è diventato servo e schiavo di esse. Viva la Macchina che meccanizza la vita! (...) E' per forza il trionfo della stupidità, dopo tanto ingegno e tanto studio spesi per la creazione di questi mostri, che dovevano rimanere strumenti e sono divenuti invece, per forza, i nostri padroni."
Pubblicato nel 1915 col titolo "Si gira", riedito nel 1925 come "Quaderni di Serafino Gubbio operatore", è un romanzo caratterizzato da una profonda introspezione psicologica dei personaggi, che offre all'autore anche l'occasione per misurarsi con un'epoca di straordinarie innovazioni tecnologiche. Serafino Gubbio, il protagonista dell'opera, un cineoperatore di una casa cinematografica, annota quotidianamente in un diario tutti gli avvenimenti che riguardano quelli che lavorano nel suo ambiente, finendo con l’identificarsi con l'obiettivo della sua macchina da presa, assumendone così tutta l'impassibilità.