L'anarchia militare
E la crisi del III secolo
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Diciassette imperatori in cinquant'anni, quasi tutti assassinati, rimasti al potere a volte solo poche settimane e mai per più di otto anni. È questo il periodo detto dell'anarchia militare, tra il 235 e l'avvento di Diocleziano nel 285, caratterizzato dal disordine governativo e dalla centralità della componente militare nella gestione del potere e dello Stato. E nel quale, tra un imperatore "ufficiale" e un altro si verificavano ininterrotti tentativi di usurpazione con le armi. Tra gli imperatori che si succedettero, Massimino il Trace, Gordiano III, Filippo l'Arabo, Valeriano, Gallieno, Claudio il Gotico e Decio, quest'ultimo noto per le persecuzioni contro i cristiani e primo imperatore romano a essere ucciso in battaglia. In questo contesto si verificarono saccheggi, epidemie e crisi economiche, queste ultime dovute anche agli aumenti delle tasse necessari a mantenere gli eserciti sempre in azione per motivi interni ed esterni. Gli "imperatori soldato" si impegnarono però strenuamente nella difesa dell'impero e nella salvaguardia della romanità, arrivando a immolare la loro vita e quella dei loro figli contro il nemico o gli usurpatori. Riuscirono a bloccare quindi la forte spinta alla frantumazione del territorio in più aree geografiche sotto diversi dominatori locali, con il risultato in definitiva di mantenere l'unità dell'impero.