Marco Aurelio
L'ultimo periodo di pace
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Filosofo per indole e per cultura, Marco Aurelio fu costretto a governare trascorrendo più tempo sui campi di battaglia che a Roma. Ma lo stoicismo che praticava come disciplina personale gli permise di vestire la corazza del combattente con il senso del dovere e l'obiettivo del bene pubblico sempre in vista. Infatti, per i quasi vent'anni del suo principato, l'ideale dell'impero umanistico già manifestato con il predecessore Antonino Pio si espresse in una prassi di governo che garantì condizioni di pace e prosperità nei territori sotto il dominio di Roma, nonostante le numerose minacce che giungevano dalle frontiere. L'imperatore trionfò sul regno dei Parti e respinse Quadi e Marcomanni che avevano valicato la frontiera danubiana ed erano giunti fino ad Aquileia, minacciando la penisola dopo più di due secoli dalla precedente calata di barbari. E, dove non fu possibile avere la meglio sui nemici usando le armi, ricorse alla diplomazia per dividere i suoi avversari con promesse, doni e onori. Fronteggiò la micidiale epidemia di peste che per anni aveva messo in pericolo l'intero spazio mediterraneo, e sventò le congiure ai suoi danni. A Roma mantenne rapporti positivi con il Senato, moderò il lusso e favorì la moralità pubblica, promosse nuove leggi per i diritti degli schiavi, delle donne, dei figli nei confronti dei genitori. Morì nel corso dell'ultima campagna contro Marcomanni e Sarmati, a fianco dei suoi soldati. Fu tra le ultime figure che sostennero la centralità di Roma e dell'Italia nell'impero, che di lì a poco sarebbe stata messa in crisi aprendo l'era che gli storici definiscono tardoantica.