Nero Golden è basso, perfino tozzo, con i capelli tinti tirati all'indietro ad accentuare il suo picco del diavolo, ha occhi neri e penetranti, avambracci da lottatore, grosse mani pericolose e cariche di massicci anelli d'oro tempestati di smeraldi. Suona il violino, ha il culto dell'antica Roma e vive nella lussuosissima "Golden House", una Domus Aurea nel centro del Greenwich Village. Nerone, imperatore megalomane e paranoico, è il suo modello, e noi siamo avvertiti: qualcosa prima o poi brucerà.
Salman Rushdie ci racconta una storia fatta di figli predestinati e sfortunati, amori intriganti, segreti e confessioni inattendibili. Ci racconta la New York degli oligarchi russi, il terrorismo, le fake news e la finzione che vince a mani basse sulla realtà, l'ascesa di un presidente mitico e di un miliardario che assomiglia tanto alle caricature cinematografiche. E ci trascina davanti a un interrogativo da vertigine: quando il confine tra la pagina e il palcoscenico è superato, riusciamo ancora a distinguere tra una fantasia pericolosa e la realtà deviata?