Lavoro ed economia tra crescita e decrescita
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Un confronto tra il pensiero filosofico ed economico che hanno definito il nostro mondo attuale e quello che profetizza un cambiamento, la sua necessità pressoché immediata.
Una lucida disamina dell’evoluzione del pensiero filosofico, economico e politico che ci ha condotti alla situazione attuale.
Un confronto tra pensatori e imprenditori, in un mercato globalizzato nel quale le risorse della terra sono sempre più sfruttate senza limiti.
I cambiamenti tra cui quelli climatici, che modificano il paradigma delle società sempre più multiculturali e problematiche. Il lavoro è al centro di tutto.
Un confronto tra le teorie che sostengono la crescita economica costante e continua e quelle che propugnano o ipotizzano la decrescita economica, altre che indicano la stabilizzazione del benessere e la moltiplicazione dei vantaggi quale obiettivo.
Un confronto secolare del quale la politica internazionale è ostaggio e i cittadini succubi.Un confronto tra il pensiero filosofico ed economico che hanno definito il nostro mondo attuale e quello che profetizza un cambiamento, la sua necessità pressoché immediata.
Un’analisi oggettiva e impietosa della situazione economica, finanziaria e sociale, che ha al centro il lavoro, la sua definizione, la sua utilità; sempre meno necessario in un’epoca nella quale la tecnologia e l’Intelligenza Artificiale accelerano all’inverosimile l’innovazione. Potrebbero farlo a fini sociali oppure al fine di permettere un riequilibrio globale delle risorse e della ricchezza, del benessere, ma sono utilizzate per massimizzare la produttività al fine di sostenere la crescita economica produttiva degli stati e degli imprenditori già ricchi implementandone artificialmente l’aumento costante della ricchezza.
La politica è carente e indecisa: dopo secoli di spinta alla crescita senza alcuna preoccupazione, di sfruttamento intensivo di risorse e mano d’opera, inseguendo il minor costo produttivo ora il pensiero filosofico ed economico sta cambiando; col cambiamento climatico che dispiega i suoi effetti su aree che si credevano produttivamente consolidate, l’emigrazione sempre più incontrollata, le problematiche sociali legate all’inurbamento massiccio, inizia a prendere consistenza l’ipotesi di rallentare e modificare il percorso e l’obiettivo verso la “stabilizzazione del benessere”, verso un’abbondanza di tipo più frugale ma meno energivora, meno ecologicamente distruttiva che richiede uno sforzo immane ma sempre più urgente.
Le assemblee e le convention tenute a battesimo dall’ONU e dalle altre associazioni internazionali si susseguono in nome della lotta al cambiamento climatico, lotta alla disuguaglianza in aumento, alla fame e alla povertà di miliardi di persone ormai in crescita anche nei paesi industrializzati e ricchi, come i rapporti sempre più pessimistici dell’IPPC sullo stato dell’ambiente e dimostrando il fallimento di ogni obiettivo di condivisione e gestione delle problematiche globali.
Un cambiamento è comunque necessario e inevitabile, i pensatori hanno pensato e continuano a farlo entrando in contraddizione fra loro, i fautori della produttività ad ogni costo, le multinazionali, osteggiano ogni possibile intervento di riduzione e cambiamento a breve termine, i politici ne sono succubi.
Un cambiamento sarà necessario, comunque imprescindibile ma esigerà un prezzo da pagare: chi paga ora e chi pagherà quel prezzo in futuro ma soprattutto, quale sarà?