Le madri non dormono mai
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Diego ha nove anni ed è un animale senza artigli, troppo buono
per il quartiere di Napoli in cui è cresciuto. I suoi coetanei
lo hanno sempre preso in giro perché ha i piedi piatti, gli occhiali,
la pancia. Ma adesso la cosa non ha piú importanza. Sua madre,
Miriam, è stata arrestata e mandata assieme a lui in un Icam,
un istituto a custodia attenuata per detenute madri. Lí, in modo
imprevedibile, il ragazzino acquista sicurezza in sé stesso.
Si fa degli amici; trova una sorella nella dolce Melina, che
trascorre il tempo riportando su un quaderno le «parole belle»;
guardie e volontari gli vogliono bene; migliora addirittura il proprio
aspetto. Anche l'indomabile Miriam si accorge con commozione
dei cambiamenti del figlio e, trascinata dal suo entusiasmo,
si apre a lui e all'umanità sconfitta che la circonda. Diego, però,
non ha l'età per rimanere a lungo nell'Icam, deve tornare fuori.
E nel quartiere essere piú forte, piú pronto, potrebbe
non bastare.
«Miriam tornò ai suoi panni, e tolse l'aria
dai polmoni con uno sbuffo. Il sole mattutino
s'affaccendava a portare un po' di calore,
permetteva ai bambini di restare fuori
a giocare, ma proiettava l'ombra delle sbarre
sulla parete alla sua destra, sezionava il muro
come fosse una scacchiera. S'appese
alle spranghe e allungò l'esile collo, come a
voler uscire da lí, lei cosí minuta, e si ritrovò
sulle punte senza volerlo, da dietro pareva
un puma pronto a spiccare il balzo. Pensò
di andarsi a riprendere quel figlio cretino
che a quasi dieci anni si lasciava sfottere
da una mocciosetta e manco lo capiva.
Invece vide qualcosa d'inaspettato, vide
la bambina ridere ancora per le parole
del suo Diego, e però subito dopo vide anche
il viso di lui aprirsi in un gioioso sorriso,
e poi in una fragorosa risata che liberò farfalle,
una risata per lungo tempo attesa, che le tolse
l'ombra dalla faccia e la spinse a donare al
cielo, alle nuvole dense che soffocavano
quel carcere tra i monti, un moto appena
percettibile di labbra».