È come se i tuoi passi avessero un pensiero, come se sorgessi scendendo da me. Semini tempo con il gesto ampio di chi semina grano.
È un canzoniere d’amore Donna cometa di Ernesto Franco, uomo e poeta costretto a fare i conti con il congedo. Congedo da un preciso referente lirico – il «tu» di queste poesie, o la donna, che come la cometa passa, illumina e finisce – ma non per questo congedo dal tempo e dal viaggio di vita e poesia, se è vero che nei 47 frammenti del libro l’io lirico segue, quasi imita per mimesi, la forma breve o brevissima del nostro «immenso camminare». Un movimento ciclico, che inesorabile trascina e assorbe con sé la perdita inaspettata, ma per accumulo di cammini comuni all’io e al «tu» diviene nel tempo elogio di una lentezza necessaria alla semina. Memore nel suo insieme più della lezione di Leopardi che di quella di Baudelaire, nel sapiente controllo del verso – quasi sempre classico e italiano, mai declinato nella direzione narrativa dell’alessandrino francese –, Franco accorda il suo linguaggio poetico soprattutto sul ritmo, un intonare il verso che più che riconfigurare il dolore lo ascolta in armonico, nel suo trascorrere e ruotare, «da più lontano dell’oblio».