Racconti sardi
Beskrivelse av boken
Letteratura - romanzo breve (92 pagine) - L’unico rischio che si corre (se di rischio si può parlare…) leggendo gli otto racconti che compongono questa raccolta, è quello di mollare tutto e partire per la Barbagia sui due piedi, non resistendo all’arcano e conturbante richiamo di una terra meravigliosamente raccontata da una Deledda giovane e più che mai innamorata della sua Sardegna.
Storie di superstizione, di magia, di luoghi segreti e primitivi, percorsi da personaggi ruvidi, talvolta surreali e mai scontati, si rincorrono in una raccolta capace di rapire la fantasia del pubblico contemporaneo portandolo in un’altra dimensione, quella in cui la natura non si riduce a mera scenografia di sottofondo ma, vera e propria protagonista, diventa il varco per immergersi nel mistero. La Deledda pubblica questa raccolta nel 1894, quando non è ancora una scrittrice celebre, osannata e invidiata in patria e all’estero, ma è solo una caparbia e sconosciuta ragazza sarda desiderosa di affermare non solo se stessa, ma anche, anzi soprattutto, la propria terra. Nello stile dei Racconti sardi si percepisce, infatti, il viscerale attaccamento della Deledda alla Sardegna, tanto tenace e potente da instillare anche nelle vene dei lettori non barbaricini qualche goccia di sangue nuorese. Mutazioni ematiche sempre benvenute per chi legge per arricchire e in un certo modo trasfigurare il proprio DNA intellettuale. Esiste qualcosa di più noioso che restare sempre identici?
Grazia Deledda (Nuoro, 1871 – Roma, 1936), nota ai più per essere stata l’unica italiana a vincere il premio Nobel per la letteratura (1926), consacrò la propria esistenza alla scrittura e alla famiglia. Dopo un’infanzia e un’adolescenza intensamente spese nelle terre selvagge della Sardegna centro-orientale – dove, nonostante le numerose tragedie famigliari che la colpirono e il peso dei velenosi pregiudizi maschilisti sulle sue velleità artistiche, iniziò precocemente a comporre racconti, brevi saggi e articoli – si traferì con il marito Palmiro Madesani, poi divenuto suo agente, a Roma, città in cui scrisse i suoi romanzi di maggior successo, pressoché tutti ambientati nell’isola sarda: Elias Portolu (1903); Cenere (1904); L’edera (1908); Canne al vento (1913); La madre (1920). Nonostante la sua indole schiva, che la portò a condurre sempre un ménage ritirato e lontano dalla mondanità salottiera della capitale, riuscì a imporsi nel panorama letterario italiano e straniero per la straordinaria forza e originalità delle sue opere.