Protagonista della silloge è la felicità, che appare e scompare fra le righe, manifestandosi ogni volta in forme singolari, come un istrione che calca la scena indossando le maschere più improbabili.
Una figura che non ha nulla di estremo, poiché non ha una vita propria, ma sboccia o si secca, si presenta o si dilegua, in relazione a chi di volta in volta, la nutre, la ospita o la trascura.
Nel suo peregrinare non ha una meta, né uno scopo propri, non appartiene a nessuno e non si concede a chi l’ama ma solo a chi si lascia amare.
Così, quando ai più sembra scomparsa o addirittura inutile, a coloro che sanno riconoscerla appare come chi ha già svolto il proprio compito ed è pronto ad altre sfide.
La felicità corre continuamente da un confine all’altro suggerendo a tutti la stessa domanda: confine, cosa c’è di là che non ci sia di qua?