Il Sacro Cuore e la Leggenda del Santo Graal
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René Guénon, esoterista, martinista, gnostico e libero muratore, poi convertitosi all’Islam, è stato uno dei massimi interpreti della Tradizione e degli studi esoterici ed iniziatici, anche se non ha mai rivendicato, per se stesso, altra funzione se non quella di aver cercato di esporre, nei limiti del linguaggio ordinario, le idee veicolate nel simbolismo, nella ritualità e nella metodologia operativa delle “forme tradizionali”, da intendersi quali vie di perfezionamento spirituale dell’essere umano.
Il breve saggio di René Guénon Il Sacro Cuore e la Leggenda del Santo Graal (Le Sacré-Cœur et la légende du Saint Graal), che oggi riproponiamo ai nostri lettori, venne pubblicato sul numero di Agosto-Settembre 1925 della rivista Regnabit. Nel 1962 venne incluso nella raccolta guénoniana Symboles de la Science Sacrée (Simboli della Scienza Sacra), edita a Parigi da Gallimard.
Come sostiene Guénon, «Effettivamente, il Santo Graal è la coppa che contiene il prezioso sangue di Cristo, e lo contiene addirittura due volte, poiché essa servì dapprima alla Cena, e in seguito Giuseppe d'Arimatea vi raccolse il sangue e l'acqua che sgorgavano dalla ferita aperta dalla lancia del centurione nel fianco del Redentore. Questa coppa si sostituisce dunque in qualche modo al Cuore di Cristo come ricettacolo del suo sangue, ne prende per così dire il posto e ne diviene come un equivalente simbolico; e non è ancor più notevole, in queste condizioni, che il vaso sia già stato anticamente un emblema del cuore? D'altronde, la coppa, sotto una forma o sotto un'altra, svolge, al pari del cuore stesso, un ruolo assai importante in molte tradizioni antiche; e senza dubbio era così in particolare presso i Celti, giacché da essi è venuto ciò che costituì il fondo stesso o almeno la trama della leggenda del Santo Graal. È increscioso che non si possa sapere con molta precisione qual era la forma di questa tradizione anteriormente al Cristianesimo, come succede del resto per tutto ciò che concerne le dottrine celtiche, per le quali l'insegnamento orale fu sempre l'unico modo di trasmissione usato; ma vi è d'altra parte una sufficiente concordanza perché si possa almeno essere informati sul senso dei principali simboli che vi figuravano, e questo è in fondo quel che c'è di più essenziale».
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