Lei è una grande
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Vi furono tempi lontani in cui non si parlava ancora di cougar e di toy-boy. Negli anni Sessanta, quando non era ancora uscito "Il laureato", davano scandalo le relazioni con differenza d’età, specie se a sfavore del maschio.
La categoria “donna matura” non era ancora divenuta allettante, ed era, se mai, un marchio d’infamia. La violenza del pregiudizio poteva essere brutale sui sentimenti delle coppie squilibrate. Denigrarle era uno dei tanti esercizi sessuofobici della società, che ha sempre perseguitato ogni inclinazione, figurarsi quella un ragazzino per donne dell’età della madre e oltre.
"Lei è una grande" è il sospiro di un giovane normale, intelligente, laborioso, ma inadatto alla sua età e fatalmente attratto dalle donne ricche di esperienza, autoironia, sapere esistenziale.
L’avventura di Federico scivola tra Milano, Vienna, il mare della Toscana, l’amata famiglia piccolo-borghese, la nonna, le vacanze studio, l’esame di maturità. Incontra l’opera, conosce un grande scrittore, ascolta storie. Lo guidano i sogni, il suo amore per gli animali, tra cui i cavalli del destino. Ci sono le ragazze, i compagni di scuola, ma soprattutto la meraviglia, l’incanto delle donne “grandi”, quanto di meglio il mondo riesca a offrire al protagonista.
"Lei è una grande" è il primo romanzo di Franco Pulcini, ma esce dopo la pubblicazione del suo secondo, "Il maltempo dell’amore", che molti conoscono come un testo riuscito, scritto in modo abile, arguto e divertente. Ebbene, era già parecchio smaliziata anche la mano che ha portato a termine quest’altra storia d’amore, ancor più particolare e sorprendente negli sviluppi. La narrazione è sempre condita di toni scherzosi e ironici, ma la sostanza profonda resta anche qui innanzitutto umana, incentrata sull’analisi della passione amorosa, forse il principale motore della vita, e come tale da manutenere sempre con cura.
Classico romanzo di geometria galante, "Lei è una grande" si presenta anche come parafrasi stravolta dell’opera lirica che i protagonisti vanno ad ascoltare all’Opera di Vienna: quel "Cavaliere della rosa" che pure racconta la storia di un diciassettenne svezzato da una tenera aristocratica parecchio maggiore d’età.
Ma gli esiti della caleidoscopica e moderna riscrittura di un archetipo millenario sono ben diversi, anzi diametralmente opposti.