Pietro Badoglio ebbe una vita lunga. Due guerre mondiali, due sconfitte: la prima a Caporetto, la seconda in Grecia. Una sola vittoria: in Etiopia ad Addis Abeba, nel 1936, tra violazioni alla Convenzione di Ginevra e denunce internazionali. Titubante in battaglia, fu tenace solo nel perseguire la carriera, rapida oltre ogni dire: in poco più d’un decennio (1912-1925) da maggiore a capo di Stato maggiore generale. Instancabile, collezionò medaglie, titoli, remunerazioni. Fu ambasciatore plenipotenziario a Rio de Janeiro, senatore del Regno d’Italia, maresciallo del fascismo; nel 1943, con la caduta di Mussolini, fu a capo del governo che passò alla storia per un armistizio tradito e una fuga con ignominia. Divenne così capro espiatorio delle colpe proprie e altrui.