Farsalo
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Nel 60 a.C. Giulio Cesare, Licinio Crasso e Gneo Pompeo si erano uniti in un triumvirato di fatto per impadronirsi della
res publica romana, iniziando così a condizionare le decisioni del Senato e delle assemblee popolari con il fine di soddisfare reciproci interessi e personali ambizioni. Morto Crasso, l'alleanza fallì e i rapporti tra i due superstiti si radicalizzarono, in particolare con concordanza tra gli interessi di Pompeo e la politica anticesariana del Senato. Cesare vide tagliati fuori se stesso e le sue ambizioni, specie quando gli fu rifiutato di rientrare in Italia con l'esercito. Invece, valicando il Rubicone con le sue legioni, di fatto dichiarò guerra ai pompeiani. Iniziò a occupare una città dopo l'altra mentre Pompeo lasciava la penisola per organizzare il suo esercito cosmopolita. I due si ritrovarono nella penisola balcanica con le rispettive forze militari. Ma per sette mesi si sfidarono in operazioni belliche minori, insidie, cambi di tattica, attese, spostamenti. Lo scontro definitivo avvenne a Farsalo, in Grecia, quando uomini della stessa stirpe, della stessa città, parenti, in alcuni casi fratelli, si sarebbero scontrati e uccisi per causa loro. La battaglia sembrava persa in partenza da Cesare, il quale invece, con una tattica innovativa, ebbe in mano la vittoria. Pompeo fuggì in Oriente per finire ucciso in Egitto dai suoi ex alleati, già passati con il vincitore. I pompeiani irriducibili continuarono la lotta contro Cesare, per finire vinti anch'essi. Ma la vera perdente fu la
res publica romana, destinata a estinguersi di lì a breve.