Tiberio
Il principe riluttante
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Designato da Augusto all'ultimo momento a un principato molto lontano dalle sue aspettative, Tiberio dovette destreggiarsi nel nuovo regime imperiale che, istituito solo di fatto dal suo predecessore, presentava ancora molte lacune istituzionali. Non si sentiva né
princeps né
imperator (carica che non volle mai attribuirsi), dovette fronteggiare i nostalgici della repubblica, il Senato, l'esercito, il cui potere stava cominciando a diventare politicamente decisivo, come i suoi successori avrebbero sperimentato. Riuscì però, senza iniziative clamorose, a riportare una parvenza di calma nella complessa situazione politica, ripianò il debito statale, placò le ribellioni ai confini dell'impero. Nel sentimento popolare è noto più per le sue assenze che per le presenze, in seguito ai lunghi periodi di ritiro che volle vivere: prima a Rodi, poi con il suo autoesilio a Capri, dove trascorse gli ultimi nove anni della sua vita. Ma il vuoto fisico di potere a Roma rischiò di mettere in serio pericolo l'impero con la congiura del suo consigliere Seiano, sventata in extremis. Designò non uno ma due successori, quasi fosse esistito ancora il consolato come carica suprema, tanto da far leggere questo atto come l'ultima beffa nei confronti di un principato cui sentiva di non appartenere.