Casa d'altri
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Capolavori della letteratura italiana
Cos’è Casa d’altri? «Un racconto perfetto» stando all’opinione illustre di Eugenio Montale. Oppure «Il miglior racconto del Novecento italiano» come s’è espressa buona parte della critica. O più umilmente si potrebbe rispondere: «Un’assurda vecchia: un assurdo prete: tutta una assurda storia da un soldo» citando le parole che il protagonista esprime sul finale.
Spostandoci a un livello più alto d’astrazione, possiamo definire Casa d’altri il capolavoro di Silvio D’Arzo, oltre che, come definito da qualcuno, il punto di arrivo del suo intero percorso artistico: l’opera a cui aveva dedicato le energie migliori di una breve, travagliata vita, conclusasi per una malattia il 30 gennaio 1952, sette giorni prima che D’Arzo compisse trentadue anni, e pochi mesi prima che la versione definitiva di Casa d’altri venisse finalmente pubblicata.
A raccontare la vicenda è un prete che ormai ha perso le ambizioni e le speranze di gioventù ed è relegato al ruolo di “prete da sagre” in un paesino emiliano in cui nulla accade, e la vita degli uomini e delle donne non ha nulla di diverso da quella delle bestie. Si nasce, più spesso si muore, nel mezzo si lavora, si fatica, si impara ad accettare il destino.
Dopo l’incontro con la vecchia Zelinda, la sua vita sembra riprendere colore e sarà proprio il suo arrivo nella vita del prete a spezzare il riprodursi costante e sempre uguale dell’esistenza. Ogni giorno il prete va al fiume a osservarla mentre lava i panni, nella speranza di parlarle ancora e sentire cos’ha da dire.
La fama di Silvio D’Arzo si consolidò postuma come per altri grandi della letteratura italiana. Ma siamo sicuri che il lettore scoprirà nelle pagine di questo racconto un’intensità e una bellezza difficilmente ritrovabili altrove.
L’autore: Silvio D’Arzo, pseudonimo di Ezio Comparoni, nasce a Reggio Emilia nel 1920 ed ebbe un’infanzia e un’adolescenza difficile per essere di padre ignoto. Molto dotato negli studi, a sedici anni ottiene la maturità classica a Pavia, presentandosi come privatista, e nel 1941 si laurea in Lettere presso l'Università di Bologna con una tesi di glottologia sul dialetto reggiano. In vita pubblica un solo romanzo, nel 1942, All'insegna del buon corsiero, ma scrive alcuni fra i più importanti e a lungo sconosciuti e in parte misconosciuti racconti della letteratura italiana del ‘900. Il racconto più importante e significativo è, per l’appunto, Casa d'altri, uscito postumo nel 1953 e che è stato definito da Eugenio Montale «un racconto perfetto». Muore di leucemia a soli 32 anni.