Il Conte di Montecristo - Tomo II - L'abate Faria
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In prigione Edmond Dantès chiede disperatamente a un funzionario di poter affrontare un regolare processo, ma data la gravità dell'accusa la sua richiesta viene respinta. Qui incontriamo il vecchio abate Faria che ha scavato un tunnel sotto le celle per poter fuggire da If. Ma Faria sbaglia direzione dello scavo e si ritrova nella cella del giovane. I due diventano amici e ciò risolleva le speranze di Edmond. Faria, con il quale Dantès instaura un'amicizia profonda, lo aiuta a scoprire le cause delle peripezie che lo hanno portato al castello d'If. Sfruttando il suo ingegno Faria ricostruisce il complotto che ha portato alla rovina il suo amico. È in seguito a questa atroce scoperta che Dantès giura che, una volta uscito, la vendetta sarebbe caduta terribile e inesorabile su coloro che lo hanno privato di tutto ciò che aveva caro al mondo. In seguito Faria lo istruisce in varie discipline, dall'economia, alla matematica, dalle lingue straniere alla filosofia. Faria ed Edmond elaborano un secondo piano di fuga, e scavano un altro tunnel: dopo quindici mesi di lavoro tutto è pronto, ma il vecchio Faria viene colto da un attacco apoplettico che lo rende infermo. Dantès si rifiuta di fuggire senza l'amico, il quale si convince del tutto della bontà d'animo del giovane e della devozione che nutre per lui. Sentendo prossimo un terzo attacco Faria confida a Dantès la posizione di un grande tesoro nascosto sull'isola di Montecristo, e infine Faria muore sotto gli occhi di Edmond. Subito viene predisposta la sepoltura. Ma Dantès ha un piano: si sostituisce al corpo di Faria nel sacco che dovrebbe contenere il cadavere e attende l'arrivo dei becchini, i quali portano il sacco fuori dalla cella e, legatagli una pietra ai piedi, lo gettano in mare. Dantès con un coltello riesce a uscire dal sacco e risalire in superficie appena in tempo per non affogare. Edmond si dirige a nuoto all'isola di Tiboulen, dove aspetta un momento migliore per riprendere la fuga. Il mattino dopo avvista una tartana genovese, si tuffa in mare e riesce a raggiungere l'imbarcazione. Il naviglio, con a bordo dei contrabbandieri, lo accoglie. Il 28 febbraio 1829 è finalmente libero e naviga verso Livorno.