La chiesa della solitudine
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"La chiesa della solitudine", pubblicato poco prima della scomparsa di Grazia Deledda (1936), rappresenta sotto molti aspetti il suo testamento spirituale: a tratti autobiografico, a tratti volto a dipingere il tragico affresco di una società cinica, in cui la vergogna fa da padrona. La protagonista, Maria Concezione, è una donna di ventotto anni ancora nubile. Nonostante le insistenze di amici e famigliari, infatti, questa sembra opporre resistenza alla prospettiva di un matrimonio, esprimendo un certo amore soltanto per Aroldo, un operaio piemontese del quale comprende la condizione di orfano e di figlio illegittimo. Nessuno sa, tuttavia, che Maria Concezione cova un doloroso segreto: un cancro al seno per cui ha dovuto subire l’asportazione di una mammella. In un mondo da cui si sente esclusa, Maria Concezione trova conforta soltanto nella piccola chiesetta sotto casa...
Grazia Deledda (1871-1936) nasce a Nuoro, quarta di sette figli, in un’agiata famiglia di proprietari terrieri. La sua scrittura è impregnata dei sentori della sua terra d’origine, dipinta efficacemente nel suo convulso ingresso nella modernità. Piccole e grandi tragedie si stagliano su un vivido tessuto sociale, descritto ora con piglio veristico, ora secondo stilemi decadentisti. Grazie a grandi capolavori come "Canne al vento", "Elias Portolu" e "Cenere", Deledda è stata la prima donna italiana a vincere il Premio Nobel (1926).