Un padre, un figlio. Storie romantiche tra ciclismo e boxe, sport di sacrificio per capire la vita
Tietoa kirjasta
Un padre e un figlio romagnoli. Vite difese con coraggio, in guerra o sul lettino di un'ospedale. Meo è il figlio. Pugile grazie a un prete che legge il futuro, lascia per un terribile male. Oggi è un maestro di boxe che spiega la vita tirando cazzotti. Pronto a dare tutto sé stesso, pur di far diventare adulti i ragazzi che si affidano a lui. Un po' filosofo, un po' visionario. Studia le parole, le sue e quelle degli altri. Se gli piacciono, le scrive su grandi fogli che affigge alle pareti della Casa di Carta, la palestra al civico 88 della via Chiavica Romea. Michele era il papà. Lo chiamavano Bucaza, forava sempre quando era in testa e così non vinceva mai. Sei Giri d'Italia e tre Tour. Un'avventura cominciata dopo aver speso tutti i risparmi per comprare una Romagna: bicicletta di seconda mano con le ruote di ferro e i copertoni con camere d'aria separate. Una sera del '21, al Caffè Centrale di Cotignola, la sfida che gli avrebbe cambiato la vita. "Sono più veloce di quel cavallo di razza!". Un km con partenza da fermo sul Canale Naviglio. Lui primo, il cavallo dietro. Loro sono i Gordini, una fameja ad fénómen. Una famiglia di fenomeni.