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Gli angusti limiti del politicamente corretto

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Il dibattito intellettuale contemporaneo continua spesso ad atteggiarsi secondo schematismi ormai logori: progressisti/conservatori, globalisti/sovranisti, elitari/populisti, femministi/maschilisti e simili. Questo agile pamphlet evidenzia alcune delle incongruenze prodotte dal pensare secondo le rigide griglie di posizioni ideologiche codificate, che si rivelano particolarmente inadeguate davanti a fenomeni connessi all’arte e alla libertà di espressione. Aggirando la tentazione simmetrica e ugualmente disastrosa del “politicamente scorretto” a tutti i costi, l’autrice pone il problema di come oltrepassare l’automatismo dei giudizi faziosi, a partire da alcuni dei numerosi spunti di riflessione offerti dalla cronaca recente: le statue dei Musei Capitolini censurate in occasione della visita del capo di stato iraniano, i manifesti della mostra di Tamara de Lempicka oscurati durante il passaggio del corteo papale, l’epurazione del finale della Carmen di Bizet tacciato di incitamento al femminicidio.Dinanzi a questi e ad altri episodi analoghi, come stimolare quell’attitudine critica che dovrebbe distinguere una platea pensante da un gregge eterodiretto? Le soluzioni e gli antidoti al “botox” del politically correct vanno ricercati innanzitutto nella preziosa “scatola degli attrezzi” messi a disposizione dalla filosofia, quali ad esempio il “sapere aude” di Kant, o il “pensare contro se stessi” alla Foucault, o ancora la pratica sistematica del “sospetto” esercitata da Nietzsche, Marx e Freud.