Il capolavoro di Svevo è centrato sulla figura di Zeno, ma è in realtà un gioco di specchi: c’è Ettore Schmitz, autore reale, che si specchia nell’autore inventato, Italo Svevo, che a sua volta si specchia in Zeno, autore del diario di vita commissionatogli dal suo psicoanalista, in una rincorsa ludica alle possibili identificazioni. Zeno soffre di quella sindrome un tempo chiamata nevrastenia e per questo si rivolge alla psicoanalisi, ma senza esiti curativi reali se non una consapevolezza che si forma attraverso “un’errabonda ricerca di se stesso che lo porterà ad accettare vizi e virtù, errori e successi, come parti di un destino che lo trascende e coinvolge l’intera umanità. Zeno risulta, così, salvato non dai risultati della sua autoanalisi o dal raggiungimento delle mete prefisse, ma proprio dal suo stesso cammino, dalla sua stessa esperienza di scrittura.” (G.Palmieri).